Renato Manicardi, milanese perché nato a Milano, nel 1940, giusto un mese prima che a un pessimo soggetto venisse in mente di fare la guerra. Pensate che belle prospettive potevano avere per lui i genitori – la mamma varesotta, il padre modenese – venuti, come tanti, nel capoluogo lombardo per cercare un futuro migliore e ritrovarsi, invece, sotto le bombe. E milanese anche perché è sempre vissuto in questa città: la Bovisa, il Sempione, Porta Romana, Porta Magenta, dalle case di ringhiera ai palazzoni di periferia degli anni Cinquanta a qualcosa di meglio un po’ più avanti. La scuola e la strada, le botteghe dei genitori – latteria, bar, drogheria – dove ha imparato dal vivo il dialetto, la vera prima “seconda lingua”.
Ragioniere del Verri, ha subito cominciato a lavorare nella grande distribuzione (i supermercati, la grande novità di allora), dove si è presto affermato, facendo una ragionevole carriera, e dove tra un posto e l’altro ha trascorso più di 40 anni. Nel frattempo, è diventato ancora più milanese quando ha sposato la sua Lucia Cattaneo, nata in via Cerva – lei sì milanese al cento per cento. E poi sono arrivati figli e nipoti a portare nuove soddisfazioni.
Dal 2000 è andato in pensione, ma – da milanese – non ha mai smesso di fare qualcosa: consulenze nel suo campo professionale, ripresa di antichi interessi collezionistici, soprattutto per ciò che riguarda Milano, e poi il volontariato, Fondazione Sodalitas prima e Touring Club poi, esperienze che, a suo dire (e c’è da credergli), gli hanno dato molto di più di quanto abbia dato lui come volontario. E intanto gli è venuta l’idea di mettersi a scrivere. Nel 2021 si è calato nei panni di Meneghino e ha raccontato la storia degli ultimi 120 anni di Milano in milanese (Storia de Milan dal 1896 fina ai dì d’incoeu contada su dal Meneghin alla Cecca). Ma ora la sua Cecca, la Lucia, che anche in questo nuovo racconto ha dato tanto, lo ha lasciato solo, e chissà se, da lassù, riuscirà ancora a chiacchierare con lui…